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Breve nota introduttiva: il M5S dopo le amministrative

Dopo le recenti elezioni comunali dell’11 e del 25 giugno 2017, molti hanno creduto di trovarsi di fronte al punto di flesso del M5S. Non è la prima volta che questo giudizio viene scandito. Nonostante il cattivo risultato dei cinque stelle nell’ultima tornata elettorale, e da critico della primissima ora, insisto nel dire, come già altre volte, che sarebbe frettoloso e sopratutto sbagliato da un punto di vista metodologico prendere il deludente risultato in elezioni amministrative come segnale di un generale declino del M5S, del resto più volte diagnosticato ma non avvenuto.

Il motivo credo sia da ricercare nelle premesse profonde del movimento. Il vero collante del M5S è l'impianto anti-casta, la cui tenuta va verificata principalmente sulle elezioni generali, dunque a livello nazionale, non locale. Piaccia o no, una larga schiera di elettori non vuole altro se non dare il calcio dell'asino ad un intero ceto politico e la percezione diffusa è che il M5S sia il solo modo per farlo. Non è quindi contraddittorio che la compagine a cinque stelle vada incontro a una débâcle in elezioni amministrative, e che amministri del resto male dove amministra, raccogliendo però il 35% e oltre sul nazionale.

Da dove nasce il mio interesse nei confronti del M5S? Questa domanda trova una prima, semplice risposta nel mio interesse per la politica: da anni studio la politica e il M5S è, almeno dal 2013, una delle principali forze del panorama politico italiano. Tanto potrebbe bastare, almeno in prima battuta, a motivare la mia attenzione, che trova estesa testimonianza negli articoli e nei saggi presentati in questo volume. Gli interventi qui raccolti sono stati scritti nell’arco degli ultimi quattro anni e nel loro insieme mettono capo ad una interpretazione complessiva del M5S e del grillismo. Questo lavoro vuole rappresentare un contributo allo studio di un populismo certamente sui generis. Nonostante l’opzione preferenziale per la forma dell’articolo, sono presenti le linee generali di un’interpretazione strutturata. Volendo riassumere al massimo la mia lettura del grillismo, la racchiuderei in due tesi tra loro interconnesse:

 

1. Da subito ho considerato il grillismo come un pensiero di destra. La prima compiuta formulazione della mia tesi che il grillismo vada collocato alla destra dell’arco politico-ideologico è probabilmente contenuta nel lungo articolo Grillo l’incontestualizzabile, pubblicato all’inizio del 2013, e poi chiarita a più riprese in successivi contributi.

 

2. Ho sostenuto che il M5S e il grillismo siano due elementi distinti e che vada dunque osservato e compreso il modo in cui interagiscono. Inoltre, nel quadro di questa distinzione, affermo che è propriamente il grillismo ad essere un pensiero di destra e l’elemento soverchiante, al punto che il M5S senza il grillismo di fatto non esiste. Questa distinzione mi permette tra l’altro, a mio parere, di superare le obiezioni di quanti mi hanno contestato l’incasellamento a destra del M5S adducendo l’osservazione che una buona parte della base proviene da sinistra, come spiego nell’articolo Ancora su collocazione e ideologia del grillismo (2014). Anche scelte come quella di candidare Stefano Rodotà come presidente della Repubblica, invocate da alcuni come elemento di confutazione della mia tesi, appaiano di natura puramente strategica (la figura di Rodotà era perfetta per spaccare il PD). Vale la pena ricordare che, passato il breve tempo del beneficio del dubbio nei confronti del M5S, il giudizio dell’insigne giurista nei confronti del movimento di Grillo e Casaleggio fu tutt’altro che lusinghiero.

 

Per intendere compiutamente la mia affermazione, più volte ripetuta, che il M5S non esiste fuori dal grillismo non si può prescindere dal fatto che il Movimento è proprietà di un’azienda privata di comunicazione e web marketing. Se a qualcuno questo sembra ancora poco è solo perché esiste ormai, complici vent’anni di berlusconismo, un vuoto di cultura democratica che appare incolmabile. Che una delle principali forze politiche nel panorama nazionale sia di proprietà di un’azienda privata configura un’anomalia assoluta.  Certo, esiste una crisi dei partiti, da troppo tempo sempre più autoreferenziali, ma l’anomalia a cinque stelle non è la risposta, bensì il prodotto ultimo di un lungo processo involutivo.

 

In replica alla lettura del grillismo come pensiero di destra, si potrebbe ancora spiegare il M5S come populismo neoliberale. Risulta a tale scopo efficace il quadro di sintesi dei tipi di populismo fornito da Mattia Zulinello in un recente contributo[1]  e che riporto alla pagina seguente.  Nell’elevare il “popolo”, inteso in modo generico e omogeneo, alla superiorità morale, i populismi si differenziano tra loro per il modo in cui viene di volta in volta definita la nozione di popolo, cioè chi viene identificato come “puro” e moralmente superiore. Aggiungerei, comunque, che si tratta di idealtipi e che alcuni populismi in particolare, nella loro ambiguità e mobilità ideologica, hanno dei tratti misti. È proprio questo il caso del M5S – o meglio, come io preferisco dire, del grillismo, non essendo il primo molto di più se non il contenitore nella disponibilità del secondo: molti dei suoi tratti distintivi sono quelli del populismo neoliberale, ma sui temi relativi a immigrazione, diritti di base e nuova cittadinanza, nonostante l’elevato tasso di ambiguità e dissimulazione ideologica, ha sempre più evidenziato caratteri ascrivibili all’orizzonte della Destra radicale populista.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritengo, comunque, che anche i populismi neoliberali debbano essere sicuramente collocati nell’orizzonte della destra, perché costituiscono una variabile interna dell’egemonia neoliberale, e cioè dell’ideologia della destra economica. Pertanto in nessun caso si sfugge alla conclusione che il grillismo è un nuovo pensiero di destra. L’organicità del M5S al pensiero neoliberale è oggetto, tra gli altri, dell’articolo Il M5S e l’economia: un silenzio eloquente.

 

Per ciascun articolo sono indicati il luogo (sito o testata) e la data di prima pubblicazione. Sono inoltre presenti alcuni “intermezzi”, interventi occasionali, forme di scrittura più rapide nate in Rete che ho voluto lasciare, salvo lievi modifiche, nella loro forma originale. Chiude il volume un’appendice inedita sulla percezione di Grillo negli ambienti dell’estrema destra.

 

Infine, vorrei prevenire una possibile, ma arbitraria, conclusione che qualcuno potrebbe essere tentato di trarre dalla mia analisi del M5S: che la risposta al populismo grillino stia nell’affidarsi a quelle forze che si presentano come ultimo argine contro i barbari che premono alle porte del potere. Oggi deve preoccupare proprio l’avvitamento in corso in uno scontro tra populismi e partiti di sistema nel quale entrambi cercano legittimazione e potenzialmente esiziale per la democrazia.

 

[1] M. Zulianello, I populismi del XXI secolo, in: Treccani Atlante geopolitico 2017.

(Pier Paolo Caserta, Grillo, l'incontestualizzabile, Il Seme Bianco, in corso di pubblicazione)

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