top of page
L'ultima vera frontiera difesa dalla Chiesa cattolica 

Certo, potrei unirmi al generale coro di assenso nei confronti di papa Francesco, ma io sono “fedele” soltanto all’insegnamento di un domenicano (invero molto atipico), arso sul rogo il 17 febbraio dell’anno 1600, e di tutti gli altri liberi pensatori e libere pensatrici come lui. Il mio bisogno è sempre stato capire. Papa Francesco è il massimo punto di riferimento per i cattolici, per gli altri può semmai essere un interlocutore. In ogni caso, senza alcuna genuflessione. Jorge Mario Bergoglio è anzitutto un gesuita e non perderei di vista lo schema della massima continuità sostanziale (dottrinale, per la precisione), nella massima discontinuità apparente, come principale chiave di lettura dell’intero suo pontificato. Il papa “socialista”, “progressista”, “comunista”, e chi più ne ha più ne metta, è di sicuro molto più abile di tanti non cattolici pronti a fargli la claque. Esprimere idee progressive sul piano sociale non è scontato ma, purché lo si voglia fare, non è in fondo molto difficile nel 2020 per un papa, che, a differenza di un politico, foss’anche del peggiore, non deve mai porsi il problema di realizzare un’oncia di quello che dice. Può permettersi di restare sul piano dell’auspicio, della preghiera, del puro esempio (eppure si muove in uno spazio pienamente politico). Ecco per quale ragione sono sempre del parere che la categoria di cambiamento debba essere misurata sul piano del potere, delle sue strutture, della sua organizzazione. Ciò non toglie che il valore della testimonianza e della via indicata a tutto il mondo cattolico, che costituisce proprio il senso di una enciclica, sia di grande rilievo. Ma lo è appunto per i cattolici. I cattolici, poiché credenti, non hanno alcun motivo di leggere l’enciclica in termini di comunicazione e, quindi, di collocarla sul piano più ampio del significato dell’intero pontificato bergogliano, dell’operazione complessiva che gli è sottesa e dei suoi obiettivi programmatici, compreso l’ecumenismo interreligioso. Temi sui quali certamente c’è di che ragionare. Gli altri, invece, i non cattolici, dovrebbero almeno evitare di cedere al plauso automatico di questo clima agiografico. Proprio in relazione all’attuale pontificato, Maria Mantello ha fatto notare (http://blog-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/?p=30649) a più riprese che anche la Chiesa della controriforma avviò, e per altro non nei proclami ma con passi concreti, una riforma interna alla Chiesa cattolica, proprio mentre inaspriva, di contro, l’intransigenza delle proprie posizioni dottrinali. Oltre il plauso incontinente, oltre il servilismo imbarazzante de La Repubblica, che un tempo fu giornale laico, vale la pena domandarsi se lo schema non sia analogo. Senza voler “eternizzare” il modello tridentino, né misconoscere le diverse evoluzioni storiche della Chiesa cattolica e della sua dottrina sociale, propendo per rispondere in modo affermativo. Quanto ai contrasti interni alla Curia, non vanno negati, ma nemmeno sovrastimati. Non pare dubbio, infatti, che le componenti più reazionarie della Chiesa non abbiano in simpatia Francesco. Allo stesso tempo, occorre vedere cosa rimane dopo che le parole sono evaporate, quando impegnano la società in una richiesta di profonda trasformazione ma senza modificare dall’interno la fondamentale struttura di potere della Chiesa cattolica, gli architravi che la sorreggono e, almeno restando all’enciclica, gli stessi rapporti di subordinazione tra sessi che la informano fin dall’origine.

Così, i pronunciamenti sul piano sociale e globale contenuti nell’enciclica per lo più corteggiano il senso comune. Non fa eccezione la critica, facilmente condivisibile, all’attuale modello economico “fondato sul profitto”, Capitolo primo, 21). In altri casi l’affondo va in profondità e io sono in sintonia: “Non va ignorato che «operano nel mondo digitale giganteschi interessi economici, capaci di realizzare forme di controllo tanto sottili quanto invasive, creando meccanismi di manipolazione delle coscienze e del processo democratico. Il funzionamento di molte piattaforme finisce spesso per favorire l’incontro tra persone che la pensano allo stesso modo, ostacolando il confronto tra le differenze. Questi circuiti chiusi facilitano la diffusione di informazioni e notizie false, fomentando pregiudizi e odio”. (45) e “I”. (50).

Per contro, l’ultimo spazio che il gesuita è chiamato a presidiare, la battaglia dottrinale sulla quale la Chiesa cattolica non intende indietreggiare di un solo millimetro, sapendo benissimo che su tutto il resto deve già cedere, è quella che si gioca sul corpo della donna, sulla sua insindacabile libertà di scelta, sulla sua piena autodeterminazione. L’alleato principale del corso bergogliano è il socialismo o ancora e sempre il patriarcato? Fratelli tutti, senza frontiere, per sigillare l’ultima vera frontiera. Ma, si obietterà, il tema della condizione femminile è presente nell’enciclica. Certo, è ovviamente menzionato, e in più punti. Anzi, proprio quello non poteva mancare, perché l’esternazione costituisce il primo e necessario meccanismo a protezione della conservazione. È proprio Bergoglio, anticipando come sempre il senso comune, a scrivere: “l’organizzazione delle società in tutto il mondo è ancora lontana dal rispecchiare con chiarezza che le donne hanno esattamente la stessa dignità e identici diritti degli uomini. A parole si affermano certe cose, ma le decisioni e la realtà gridano un altro messaggio.” (Capitolo primo, 23). Ecco, perfetto, verrebbe da dire. E l’organizzazione della Chiesa cattolica, sul tema, cosa ha sempre rispecchiato? A che punto è? Consapevolmente o inconsapevolmente autobiografico? Non si può dubitare che, se la società è ancora indietro, qui la Chiesa cattolica lo è molto di più della società. Perché, allora, la richiesta si indirizza verso l’esterno? Nessuna traccia di auto-riforma sul tema è presente nell’enciclica, mentre un’apertura è arrivata al termine dell’Angelus di domenica: “Preghiamo perché i fedeli laici, specialmente le donne, partecipino maggiormente nelle istituzioni di responsabilità della Chiesa". Aspettiamo di vedere quali concrete direzioni potrà prendere questa preghiera. Sarebbe veramente augurabile che la Chiesa cattolica si decidesse una buona volta a seguire la stessa strada da tempo intrapresa dalle altre chiese nazionali europee, nelle quali il sacerdozio femminile è in quasi tutti i casi realtà. Ove mai questo dovesse accadere, sarebbe una misura pur sempre molto tardiva, ma necessaria.  Rimane del tutto fuori la libertà di scelta e di autodeterminazione della donna, in mancanza della quale è retorico parlare di pari “dignità e identici diritti”. Forse le aperture a tutto campo lasciano vedere anche meglio quale sia l’ultimo nucleo da presidiare con ogni forza, la battaglia sul corpo della donna, come il cosmo geocentrico nel Seicento.

(Pier Paolo Caserta su Italialaica, 13/10/2020)

bottom of page