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4 marzo, i miei #PerchéNo: Forza Italia

Non do più niente per scontato, per questo ho deciso di articolare le ragioni dei miei "Perché NO" in vista del voto del 4 marzo. C'è ancora bisogno di dire chi è Silvio Berlusconi e cosa ha rappresentato il berlusconismo? Forse, nonostante tutto, sì, o almeno non è inutile provare a raccontarlo ancora.

Quando si dice che gli italiani non hanno memoria storica penso che si dica almeno in parte qualcosa di vero: siamo, tanto per cominciare, un Paese che non ha mai fatto davvero i conti con il suo lascito fascista. Allo stesso tempo, esiste anche una componente fisiologica della mancanza di memoria: non bisogna mai dimenticare che l’elettorato è una finestra mobile, per esempio il prossimo 4 marzo voteranno per la prima volta in elezioni politiche quanti hanno tra 18 e 23 anni. Una componente dell’elettorato certamente non marginale in termini numerici.


Pertanto io mi chiedo: in che modo questi ragazzi pensano alla politica, in che modo guardano a candidati, partiti e coalizioni? Cerco di mettermi nei loro panni, nella loro dinamica evolutiva in rapporto alla politica e alla sua rappresentazione. Penso, tanto per cominciare, che erano adolescenti o pre-adolescenti nel tratto finale del berlusconismo, e infanti nel momento del suo apice. Ora vedono tornare questo signore alla guida della coalizione data per favorita da tutti i sondaggi... Ecco per quali ragioni ho pensato di esplicitare i miei “Perché NO” ( e dopo anche il “Perché SI”) per il 4 marzo.


Perché NO /1: Forza Italia

Per me sono forse i più invotabili tra gli invotabili (anche se davvero è difficile stilare una graduatoria di demerito!). Partiamo dal leader, Silvio Berlusconi: pluriinquisito e condannato per frode fiscale, torna bellamente ponendosi alla guida di una coalizione di centro(??!!)-destra più raccapricciante che mai con Meloni e Salvini (quest’ultimo capace di giurare contemporaneamente sulla Costituzione e sul Vangelo ma essendo in pratica contemporaneamente la compiuta antitesi sia dell’una che dell’altro.) Con Berlusconi, che ha improntato di sé una lunga stagione della politica e della società italiana, cinismo, opportunismo e personalismo sono stati gli elementi di un gioco diventato sempre più scoperto, plateale e infine grotttesco. Per tanti aspetti è stato il tripudio del peggio: le leggisfacciatamente ad personam comprese quelle per sottrarsi alla legge; l’uso del corpo della donna oltremodo mortificato dalle televisioni commerciali;, un partito padronale stipato di cortigiani; le politiche sull’immigrazione dettate dalla Lega; l'impegno profuso nell'aziendalizzazione nella scuola pubblica e la promozione della televisione ad agenzia di formazione in suo luogo; l'inclusione dell'estrema destra nell'accogliente casa del "moderatismo" e il revisionismo strisciante che ha forse definitivamente reintrodotto il fascismo nel discorso pubblico.


Molto altro ancora ci sarebbe da dire molto, ma dovendo scegliere un momento che abbia una forte capacità simbolica e sintetica nel dire chi è e cosa hanno rappresentato Berlusconi e il berlusconismo lo trovo nel caso Englaro e in una dichiarazione. Siamo nel 2009, quando la vicenda di Eluana Englaro, una giovane donna che a seguito di un incidente stradale viveva da molti anni in stato vegetativo, già divenuta un caso giudiziario, catalizza improvvisamente anche l’attenzione della politica. Il Governo guidato dal “cavaliere” preparò il decreto per impedire lo stop all’alimentazione di Eluana voluto dalla famiglia. Durante la successiva conferenza stampa del Consiglio dei ministri Berlusconi dichiarò che “Eluana potrebbe generare un figlio” Credo che quella dichiarazione sia la perfetta sintesi e il culmine di ogni cinismo e infamità.


Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano annunciò che non avrebbe firmato il decreto. Berlusconi incassò le immediate reazioni di appoggio da parte del Vaticano. Anche in questo l’evento ha una potenza simbolica nel raccontare la capacità plastica del berlusconismo, beceramente edonistico ma anche in grado all’occorenza di andare a braccetto con il peggior clericalismo.


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