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Il bel saggio di P. Spina decostruisce il mito di Colombo



Le acquisizioni storiografiche degli ultimi decenni hanno sempre più chiaramente mostrato l’infondatezza dell’immagine stereotipata del Colombo “pacifico navigatore” e “scopritore”.

Secondo questa narrazione, la fase della conquista si sarebbe aperta soltanto in un secondo momento, appunto ad opera dei conquistadores, ma Colombo non vi avrebbe nulla a che fare. Una versione che è stata smontata grazie all’esame puntuale dei diari di Colombo, dai quali emergono l’avidità d’oro, il forte pregiudizio etnocentrico nei confronti degli indios, lo zelo religioso che ne guidò l’impresa. In una parola, Colombo, apripista della Modernità, era paradossalmente impregnato dello spirito di crociata che caratterizzava l’epoca che si stava chiudendo. Colombo fu tutt’altro che estraneo alla conquista del Nuovo Mondo e ne fu anzi l’avviatore. Alcune prese di posizione nel recente dibattito (si veda la ricezione, anche qui da noi, della decisione del comune di Los Angeles di sostituire il Columbus Day con una giornata di commemorazione delle popolazioni indigene, aborigene e native vittime del genocidio innescato dalla conquista) mostrano quanta strada ci sia ancora da fare perché i risultati dell’indagine storiografica siano fatti propri dal senso comune, nel quale il pregiudizio etnocentrico rimane radicato. Il bel saggio Il mito di Colombo tra scoperta e conquista: Linee per una revisione storiografica di Pasquale Spina presenta lo stato dell’arte e decostruisce con precisione la narrazione tossica del Colombo scopritore.

Per qualcuno suonerà un po’ come la rivelazione che Babbo Natale non esiste, ma forse è arrivato il momento di crescere. Di fare i conti con il volto contraddittorio di uno dei miti fondativi dell’Occidente e della Modernità, che nasce con un genocidio.


(11 ottobre 2017)

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